Quando si parla di Tom Clancy’s The Division 2, generalmente la community di divide in tre categorie: chi l’ha amato fino alla fine, chi l’ha odiato senza remore, e chi non ha voglia di ricominciare una release un po’ zoppicante. Il primo shooter RPG di casa Ubisoft è stato infatti caratterizzato da bug e molti bilanciamenti lasciati un po’ al caso, fino a un supporto post-lancio che ha iniziato a dare i suoi frutti un po’ tardivamente.
Come Watch Dogs, questa volta The Division 2 ha come obiettivo quello di rinascere dalle ceneri del suo predecessore, e di proporre un’esperienza più fluida per dimostrare che, nonostante i tanti errori, si può sempre trarre un prezioso insegnamento.
La familiarità
Il primo The Division è un titolo che ha fatto parlare. Concorrente diretto di Destiny, il titolo firmato Ubisoft si rivelò più che buono nel percorso che portava fino all’ultimo livello, per poi scoprire il fianco ai detrattori con un endgame che presentava diverse lacune. Se il gioco ha avuto un tale successo è proprio grazie al suo editor, che non lo ha mai abbandonato la sua creatura,continuando a lavorarci fino a renderla un’opera completa.
Ciò che oggi i fan si aspettano, è un secondo capitolo pronto, completo e impacchettato. Durante le prime ore di gioco, la sensazione di familiarità che si prova sin dai primi attimi passati in compagnia di The Division 2 è assolutamente confermata. Basta solo riacquisire le nozioni dei controlli, per poi dare uno sguardo alle piccole differenze che gli sviluppatori hanno introdotto più che altro nel modo in cui avviene la crescita del personaggio e della base operativa.
Ma attenzione, anche se il gameplay risulta familiare, ci sono tante piccole differenze da non sottovalutare, delle quali parleremo fra poco.
Ambientazioni ricche di dettagli
L’avventura di The Division 2 comincia ai margini di Washington, sette mesi dopo gli eventi vissuti a New York. L’epidemia è ormai sotto controllo, ma il Paese è nel caos più totale. Le istituzioni politiche sono cadute, le infrastrutture logistiche crollate a causa dei tumulti, è l’obiettivo della Divisione è quello di ristabilire l’ordine. La cellula di Washington ha quindi un’importanza strategica, chiamata a risanare una città che rappresenta il cuore politico dell’America. La breve missione introduttiva, utile a spiegare i rudimenti del gameplay, ci chiede di difendere la Casa Bianca dall’assalto delle bande armate che si contendono le strade, ristabilendo così la sua funzione di centro nevralgico delle operazioni.
Il quartier generale della Divisione verrà stabilito proprio nelle stanze della dimora presidenziale, e da lì potremo muoverci per portare avanti la missione. Una volta sbrigata questa prima formalità, potremo già iniziare a prendere confidenza con i meccanismi di sviluppo del personaggio e con i menù. L’interfaccia di gioco è molto vicina a quella del precedente capitolo, ben ordinata ma sicuramente molto affollata.
Progresso e abilità
Lo sviluppo degli insediamenti passa ovviamente dalla liberazione dei quartieri ad essi adiacenti. A tal proposito bisogna anche registrare un discreto sforzo nella caratterizzazione delle Side Quest, che stavolta possiamo considerare delle missioni principali “in miniatura”, tutte ambientate in interni appositamente costruiti.
Senza giri di parole, per un giocatore poco appassionato di statistiche o per chi vuole un’esperienza leggera e immediata, The Division 2 potrebbe essere un po’ troppo complicato. Il titolo Massive richiede attenzione, dedizione e soprattutto pazienza, dal momento che fin da subito bisogna operare scelte sensate nella selezione del proprio armamentario.
L’obiettivo non è quello di scegliere i pezzi “più potenti”, bensì quelli che meglio risuonano con il proprio approccio e con le strategie che intendiamo utilizzare sul campo di battaglia. Il fatto stesso che non esistano classi ben distinte (almeno fino al Level Cap, quando si sbloccheranno le Specializzazioni), dovrebbe far capire qual è la filosofia alla base del sistema ruolistico: ogni giocatore è libero di scegliere le abilità che preferisce, forgiando l’agente secondo le proprie preferenze o assecondando le esigenze del gruppo. Si tratta di un un’idea molto affascinante, ma qualcuno potrebbe sentirsi spaesato, anche perché i tutorial non sono proprio il massimo della chiarezza. Le Specializzazioni avranno un proprio albero delle abilità e potranno essere cambiate liberamente e senza vincoli: anche in questo caso l’obiettivo è garantire una maggiore varietà di approcci agli scontri e stimolare il gioco di squadra.
Molto ben studiati anche i Control Point, aree sensibili che non è saggio lasciare sotto la dominazione delle bande armate che spadroneggiano in città. Considerando la dimensione della mappa, il numero di quartieri e la mole di segnalini presenti in ciascuno di essi, la campagna principale di The Division 2 è più che soddisfacente in termini puramente quantitativi. Se pure doveste essere fra quei giocatori che trovano noiose le routine dell’endgame, tutta la fase di leveling che porta al cap dovrebbe tenervi occupati per decine di ore. L’esperienza di gioco non si focalizza certo sulla qualità della narrazione o sull’epicità delle missioni, ma pure inquadrato come “semplice” sparatutto urbano il titolo Ubisoft sembra poter dire la sua. Ovviamente i fan del genere a cui The Division 2 appartiene, ovvero quello degli shooter a sviluppo continuo, guarderanno con molto più interesse a quello che arriverà dopo aver completato la storia principale e tutte le attività secondarie, ovvero: l’endgame.
Mod
La rivoluzione attuata sulle mod armi e quindi la relativa personalizzazione, non più legata ai drop ma a particolari vantaggi da sbloccare che permettono di applicare e disinstallare le modifiche a piacimento senza l’ingombro dell’inventario strapieno di mod sempre uguali tra loro, inoltre non saranno disponibili a prescindere su tutte le armi e soprattutto hanno rivisto le relative statistiche visto che oltre al solito bonus di precisione stabilità e quant’altro ci sarà una seconda statistica che però sarà un malus tipo -10% velocità di ricarica, di conseguenza non sarà più come prima quando era sufficiente montare qualsiasi mod con la certezza di fare un upgrade dell’arma a prescindere da ciò che si montava, adesso bisognerà ponderare meglio la personalizzazione.
Le abilità
Ancora più determinanti sono ovviamente le abilità: in The Division 2 ce ne sono otto, ciascuna con tre diverse varianti. Si va dalle classiche mine a ricerca (che rotolano verso gli avversari prima di esplodere) alle torrette di vario genere (c’è quella lanciafiamme, per controllare una specifica zona della mappa, quella tradizionale che bersaglia i nemici con danno continuo, e quella che monta un telaio di precisione, per fare ingenti danni a specifici bersagli). Tra le novità del secondo capitolo c’è un drone che può essere schierato in difesa o in attacco.
Le armi
Le armi pesanti a cui accennavamo sostituiscono le vecchie super abilità, e rappresentano una risorsa preziosa per cavarsi dalle situazioni più critiche. Il Survivalist imbraccia una balestra con dardi esplosivi, il Demolitionist un lanciagranate altrettanto distruttivo, e lo Sharpshooter un letale fucile da cecchino, utile per liberarsi di singoli avversari particolarmente coriacei. Bisogna ammettere che durante le nostre prove abbiamo notato che le munizioni speciali per queste armi vengono distribuite con troppa parsimonia.
Il verdetto di Game Universe
Rispetto al suo predecessore, The Division 2 offre tutto ciò che mancava tre anni fa, conservando però intatte grandi parti delle dinamiche al cuore del gameplay di The Division. Per i molti appassionati del primo capitolo, è un sogno che si avvera. E’ infatti un seguito molto più attento alle esigenze della community, focalizzato sui suoi punti di forza e denso di contenuti. Un titolo che ha fatto tesoro dell’esperienza accumulata dal team di sviluppo, e vuole presentarsi come il “game as a service” più completo e stratificato fra quelli disponibili sul mercato. Le ultime considerazioni prima di chiudere riguardano ovviamente il comparto tecnico. The Division 2 si rivela essere solido e convincente. Al netto di qualche asset inspiegabilmente trascinato da New York fino alla capitale americana, la costruzione degli interni è come sempre affascinante, ed in questi frangenti il motore grafico può permettersi di spingere in maniera più evidente sulla qualità dell’illuminazione, renderizzando ambienti dal grande impatto scenico.
Luca
Da un punto di vista grafico sicuramente un passo avanti, soprattutto su PS4 Pro, meno ispirati i menù con caratteri davvero troppo piccoli, concordo comunque nel dire che Washington ha meno fascino di una New York innevata. Per quanto riguarda la giocabilità grandi somiglianze con il primo capitolo, anche se ora sarete costretti ad usare i ripari, mentre è immutato il gunplay, i nemici sono molto più aggressivi (ma non più furbi). Tantissime cose da fare, da capire invece quello che sarà l’endgame sia in PVE, e soprattutto in PVP. A chi è piaciuto il primo piacerà sicuramente anche questo, per i nuovi acquirenti può essere invece una piacevole scoperta. Per ora 7.5 su 10.
Marco
Personalmente l’ho trovato migliore del primo,con più contenuti ed alcune novità interessanti…certamente non vá a stravolgere le meccaniche del primo e Washington non ha lo stesso fascino di New York…
Fulvio D'Amore
Il gioco, seppur bello e affascinante, prospetta all’inizio parecchie difficoltà. Prima di tutto occorre procurarsi fucili e mitragliatori che riescano ad uccidere le Jene ed altri nemici dotati di corazze molto resistenti ai colpi; occorre sempre trovare una posizione favorevole, con le spalle al muro e ben nascosti da ripari. Oltretutto, per avere delle ottime armi bisogna sempre trovare le solite scatole di tecnologia “share”, per poi avanzare di livello. Spesso ci si trova, anche in missioni secondarie, contro un gran numero di nemici molto agguerriti. Poi, quando ti piomba addosso un gigantesco nemico con corazza e martellone in pugno, allora, dopo avergli scaricato addosso le pallottole del tuo fucile che non lo ucciderà, allora occorre scappare e tenerlo a distanza. Per il resto, occorre sempre chiedere aiuto ad altri difensori che si trovano nelle vicinanze, specialmente durante l’attacco alle roccaforti delle Jene.